Comportamenti e sentimenti degli educatori

In questo scritto si cercherà di analizzare quelli che possono essere i comportamenti, gli atteggiamenti ed i sentimenti degli educatori che determineranno, nel bene e nel male, la qualità della vita presente e futura dei bambini, uomini in divenire, ad essi sottoposti.
Per educatori si intendono non soltanto gli insegnanti ma anche e soprattutto i genitori che vengono considerati come i primi educatori. Genitori ed insegnanti sono quindi ambedue educatori essendo accomunati dalla volontà di educare i loro figli, i loro allievi.
Chi educa deve poter fare proprie alcune regole dettate non solo dal buon senso ma, soprattutto da una visione più ampia di chi sia in realtà un bambino e di come si debbano comportare coloro che lo desiderano educare impegnandosi a sviluppare tre comportamenti e tre sentimenti fondamentali.

I TRE COMPORTAMENTI

L’ ATTENZIONE

Innanzitutto occorre osservare il comportamento e porre attenzione, prima di qualsiasi intervento, a come si comporta il bambino e, solo in un secondo momento, si può intervenire con un’eventuale correzione.

Se il bambino non ha conclamate patologie che riguardano il corpo fisico, allora un comportamento disturbato può dipendere da problematiche ambientali o educative.
L’educatore deve dunque imparare ad osservare se ci sono problematiche alimentari, se cioè il bambino mangia troppo o troppo poco, se ha difficoltà nell’addormentarsi o se ha il sonno disturbato, se il suo modo di muoversi è troppo lento o, viceversa, frenetico o se nel camminare il bambino non appoggia i talloni a terra. Inoltre deve osservare se vi sono difficoltà di concentrazione, aggressività, paure o piccole forme maniacali – gesti, atti ripetuti senza motivo – eccetera, eccetera.

Porre attenzione al comportamento del bambino nei vari momenti della giornata, nelle diverse situazioni senza ancora agire, in alcuni casi può significare per l’educatore compiere un atto eroico, può voler dire far appello a tutta la propria forza d’animo. Questo primo momento però è necessario per poter avere un quadro completo della situazione e poter trovare quale sia la vera causa dei suoi atteggiamenti sbagliati senza soffermarsi sul singolo episodio.
Ad esempio quando un bambino aggredisce un compagno, molte volte il suo agire può essere solo reazione a qualcosa che gli è stato fatto.
In questa prima fase trattenere il proprio intervento significa per l’educatore imparare a saper distinguere la causa dall’effetto.

LA PARTECIPAZIONE

Il passo successivo all’esercizio e alla cura dell’attenzione è l’affiancarsi al bambino accogliendone le problematiche.
Per accogliere in sé stessi il mondo del bambino è necessario provare amorevole interesse. Cercare di far capire al bambino quale è il problema con ragionamenti intellettuali che si appellano alle sue capacità razionali è un’azione totalmente sterile.
Soltanto all’inizio della pubertà, infatti, il ragazzo comincerà ad appellarsi alla propria capacità pensante con conseguente capacità di giudizio. Prima di tale periodo il bambino non può capire i ragionamenti logici dell’adulto, le sue spiegazioni né, tanto meno, certe dissertazioni sul perché, sulle conseguenze di un suo atto, sul dispiacere che arreca e così via.

Le varie espressioni del genere “ perché non vuoi capire “, “ te l’ho detto mille volte “, “ perché non mi ascolti “ e così via, denotano solo l’incapacità di capire dell’adulto, la sua non conoscenza della fase di crescita, della non ancora avvenuta maturazione intellettiva che il bambino sta attraversando.
Nel periodo di vita che va dal cambiamento dei denti all’inizio della pubertà l’essenziale non è il fatto che il bambino capisca ma che gli educatori comprendano vale a dire prendano dentro sé, siano cioè partecipi alla vita del bambino nel sentimento.

Ancor prima dell’età scolare è necessario dare delle regole al bambino piccolo affinché comprenda che una sua azione negativa comporta una conseguenza. Quando ad esempio rompe il giocattolo del fratellino ne dovrà regalare uno dei suoi, se offende qualcuno a parole dovrà chiedere scusa e così via per mille altre situazioni senza tanti ragionamenti, senza prediche.
La regola delle conseguenze applicata ai comportamenti negativi del bambino è la più corretta misura educativa.
La correzione deve consistere non in parole ma in fatti proprio come accade nella vita di tutti i giorni nella quale all’errore commesso corrisponde una conseguenza.
I genitori, gli educatori impartiranno regole, che determineranno conseguenze, con giusta fermezza ma, sempre, con amorevole partecipazione ai suoi problemi, con atteggiamento partecipativo.
Ad un comportamento sbagliato del bambino non sono applicate punizioni, non vi sono, per quanto possibile, reazioni emotive dell’adulto ma vengono adottate solo delle conseguenze.

LA PROTEZIONE

Dopo aver osservato con attenzione e partecipato con sentimento, l’educatore deve iniziare ad agire cercando di far superare al bambino le eventuali difficoltà.
Il fare qualcosa per aiutarlo è di per se stesso un’azione di protezione. L’etimologia della parola protezione indica già la natura dell’intervento educativo; proteggere infatti deriva dal latino pro- tegere ovvero creare un tetto.

E’ da sottolineare come qualsiasi manifestazione comportamentale del bambino è, in realtà, una domanda che richiede da parte dell’educatore una risposta.
La risposta consiste nel fare qualcosa per lui. Può succedere, ad esempio, che al bambino non piaccia una certa pietanza e che reagisca in malo modo quando gli viene posta nel piatto.
Secondo il temperamento può mettersi a piangere, può rovesciare il piatto, può chiudersi cocciutamente in un esasperato mutismo e così via.

L’educatore deve capire se si tratta di un momentaneo capriccio o se invece è un’avversione profonda, un’intolleranza alimentare e così via. La risoluzione del problema sarà la risposta ad una domanda che non può essere formulata da parte del bambino, specie se piccolo, se non con atteggiamenti, con comportamenti.
La pietanza rifiutata, ad esempio, può essere riproposta sotto nuova forma: può diventare uno squisito, appetitoso pasticcio o una colorata spremuta o, ancora, una crema e così via.
L’educatore quindi non deve forzare una situazione difficile per il bambino, ma venire incontro a queste sue difficoltà con un atteggiamento di comprensione che porge aiuto e che diventa quindi protezione.

Essa presuppone quindi, da parte dell’adulto educatore, non solo l’osservazione dei primi due aspetti più sopra indicati ma anche un lavoro di autoeducazione per poter conseguire la necessaria fermezza, la oggettiva ma partecipe distanza e far crescere la volontà di aiutare il bambino nel suo grande e difficile lavoro: quello di crescere.
E’ necessario che l’educatore comprenda ed accetti il fatto che la quasi totalità delle forze del bambino sono a disposizione della crescita del suo corpo fisico, non tanto della sua maturazione intellettuale e affettiva.
Gli sarà allora più facile attuare i tre comportamenti basati su:

Attenzione  –  Partecipazione  –  Protezione

In conclusione se all’attenzione corrisponde l’osservare, il percepire, alla partecipazione corrisponde l’accogliere ed alla protezione corrisponde l’andare incontro, l’agire. L’Antroposofia di Rudolf Steiner insegna che l’essere umano ha essenzialmente tre possibilità di espressione in rapporto alla propria anima, alla sua psiche e cioè: quella pensante, quella dei sentimenti e quella volitiva.
Si potrebbe affermare allora schematicamente:

Attenzione = osservare, percepire > PENSARE.
Partecipazione = accogliere con amore > SENTIRE
Protezione = andare incontro, agire > VOLERE

 

I TRE SENTIMENTI

SUGGERIMENTI PER AUTOEDUCAZIONE

Tali comportamenti vengono potenziati al massimo se gli educatori si permeano di tre sentimenti fondamentali riguardanti il passato, il presente e il futuro del bambino.
Il bambino, o come lo definiva Rudolf Steiner “ l’uomo in divenire” è un essere che cresce continuamente, cambia continuamente e perciò è in divenire.
Il cambiamento avviene non solo fisicamente come si può indiscutibilmente vedere, ma anche nel suo mondo interiore, nelle propria interiorità. Dopo i primi sei anni il bambino diventa ragazzo, poi adolescente, infine giovane uomo: il genitore, l’educatore che ha appena compreso come comportarsi con il bimbo, deve acquisire nuovamente un atteggiamento diverso con il ragazzo, con il giovane e tutto ciò velocemente, in poco tempo.

Occorre allora che l’educatore, oltre questi tre indispensabili comportamenti, coltivi continuativamente in se stesso tre sentimenti, suggeriti da Rudolf Steiner stesso, che riguardano questa volta molto più direttamente l’autoeducazione dell’adulto:

DEVOZIONE – AMORE – ENTUSIASMO

L’educatore dovrebbe coltivare nella sua interiorità devozione per il bambino nel momento in cui prende coscienza che il passato del bambino non appartiene alla Terra ma al Cielo.
Esso è stato accudito fino al momento della nascita dalla elevatissima saggezza del Cosmo Spirituale.
Il bambino con la nascita viene a trovarsi in un mondo per lui sconosciuto di cui nulla sa, di cui tutto deve apprendere a cominciare dall’esperienza di avere un corpo fisico.
Da un Mondo di tutta luce, di grande Saggezza, in una parola da un Mondo spirituale ad un mondo fatto di materia, di pesantezza come è la realtà terrestre.
La Saggezza cosmica è confluita e si è concentrata nel suo corpo fisico.
Per il proseguo della vita questa grande Saggezza irraggerà dal corpo fisico donando l’istinto di crescita che durerà, per forza naturale, fino al 21° anno d’età circa.
L’uomo d’oggi attribuisce la nascita, la crescita, la formazione del corpo fisico dell’uomo a processi naturali, alla Natura. Tale termine generico indica però un pensiero parziale, ne porta in evidenza solo il mezzo e non rivela quanto invece è causa prima: l’esistenza della grande Saggezza di un dimenticato Mondo spirituale.

L’educatore che riconosce l’azione di tale Saggezza cosmica, dovrà allora soltanto accompagnare, proteggendo la crescita, la maturazione psichica e spirituale nei suoi vari passaggi. Il bambino cresce, si trasforma in breve tempo diventa ragazzo, adolescente, giovane e l’adulto impara, osservando tale miracolosa metamorfosi, non può che coltivare nella sua interiorità il sentimento della devozione per questo mirabile processo.
La devozione da sola però non è sufficiente per educare il bambino, il piccolo uomo in divenire.

Ad essa deve affiancarsi l’entusiasmo per l’importantissimo compito che l’educatore deve compiere e cioè aiutare il bambino a crescere sul piano fisico, animico e spirituale.
Più efficaci saranno gli aiuti che l’educatore potrà dare ad esso e più possibilità avrà il piccolo uomo in divenire di affrontare il proprio futuro e percorrerlo nel migliore dei modi.
Per svolgere questo fondamentale compito l’educatore dovrà permearsi di entusiasmo. Tutto ciò si concretizza in quella situazione la cui importanza, generalmente, non è sufficientemente conosciuta. Si tratta, come già accennato, di aiutare il bambino a formarsi un sano corpo fisico.

Sembra questa un’affermazione scontata mentre invece può rivelarsi una dura battaglia per proteggere dall’aggressione dell’ambiente esterno il bambino.
Formare un sano corpo fisico significa mantenere, per il resto della vita, le sue forze vitali.
Quest’ultime non possono essere impegnate in direzioni errate, come ad esempio una precoce intellettualizzazione o in eccessivi sforzi fisici.
Mantenere le forze vitali del bambino non vuol dire non fargli compiere esperienze, ma maturare in maniera equilibrata il mondo dei suoi sentimenti senza spingerlo ad inutili competizioni sia fisiche che animiche con l’ambiente nel quale vive.
Significa aiutare la crescita della personalità del bambino permettendogli la realizzazione delle potenzialità del proprio Io in proiezione futura.

Devozione per il passato, entusiasmo per il futuro devono essere costantemente curati nella propria interiorità dall’educatore. Per questo importante, faticoso lavoro su se stesso all’educatore è concesso del tempo, quello del percorso educativo che dura circa venti anni, racchiuso fra la nascita del bambino e la sua maggiore età biologica.

A questo punto sorge una domanda: qual è lo strumento principale che permette la nascita e mantiene nel tempo, nonostante le varie difficoltà che possono sorgere, che cos’è ciò che tiene uniti questi due fondamentali sentimenti nell’educatore?
E’ l’amore per il bambino.
Esso è il terzo sentimento che permette di vivificare continuamente i primi due.
Quest’ultimi riguardano il passato ed il futuro del bambino, ma l’amore nei suoi confronti dovrebbe permeare momento dopo momento l’anima dell’educatore.
Come il sangue scorre in ogni cellula del corpo, così l’amore deve raggiare come un sole riscaldando e illuminando la vita dell’anima dell’educatore, del genitore.
Esso deve essere sempre presente nelle azioni che l’educatore compie giorno dopo giorno poiché

l’amore è il sangue dell’anima.

Soltanto per mezzo di quella che si può definire autoeducazione, soltanto albergando nella vita dell’anima i descritti sentimenti di devozione, amore ed entusiasmo si possono attivare nel modo più fruttuoso i tre comportamenti educativi dell’attenzione, partecipazione e protezione.
Tutto ciò affinché si crei la giusta consonanza fra l’educazione del bambino, ragazzo, adolescente e l’autoeducazione dell’adulto.
Sorgerà allora

DEVOZIONE per il passato
AMORE per il presente
ENTUSIASMO per il futuro

M. Giovanni Peccarisio

Comportamenti e sentimenti degli educatori