Il teatrino, nelle sue diverse forme,
è l’infanzia del teatro della vita.
(Giovanni  Peccarisio)

I termini “ Teatrino dei burattini “ o “ Teatrino delle marionette “  sono ambedue di antica tradizione e  riassumono tutti i vari generi di pupazzi che, quando qualcuno li muove, sembrano prendere vita.
Le marionette vengono manovrate con fili dall’alto, i burattini con assicelle dal basso. Sembra quasi  scenda dal cielo o salga dal basso una forza vitale che infonde un soffio di vita che può finalmente far muovere mani, piedi, testa, busto alla marionetta, al burattino imprimendo movimenti, atteggiamenti che esprimono le coloriture dell’anima umana.
Naturalmente possono anche interagire animali di vario genere: dai terribili draghi delle fiabe, ai simpatici gattoni, topolini ecc. che vanno oggi di moda e che, talvolta, sostituiscono le tradizionali maschere.
Differente è comunque l’atteggiamento animico di chi muove dall’alto una marionetta, non importa se di legno o rivestita di fluttuanti veli come per le bamboline a filo, da quello di chi dirige dal basso i burattini. In ambedue i casi è sempre comunque un insufflare la propria volontà, la propria energia.
Occorre sempre una dedizione completa per ottenere i risultati voluti anche perchè l’operatore rimane nascosto e deve agire solo tramite uno strumento guidato da leggeri, a volte impercettibili movimenti delle mani e, in modo particolare, delle dita.
La strada per arrivare a comandare i movimenti delle marionette o dei burattini deve passare dunque per strumenti che conducono l’Io della persona fino al pupazzo. Infondere parte della propria anima a qualcosa che, magicamente, l’accoglie in sè e risponde ai comandi inviati, ricorda inconsciamente l’atto magico della creazione. Diventa comprensibile allora l’attenzione particolare, la cura, si potrebbe dire la gelosia di chi muove marionette, burattini o pupazzi che difficilmente permettono ad altri di toccare i propri personaggi giacché vengono percepiti come parte di se stessi.
Fa sempre riflettere vedere come il pupazzo che ha fatto ridere, piangere, commuovere, una volta riposto appare nella sua realtà, quella di essere solamente un povero assemblaggio di materia, abbandonato dalla vita.
E’ per tale motivo che non è opportuno far vedere ai bambini, finito lo spettacolo, il retro del teatrino proprio per non distruggere con la visione di una pragmatica realtà l’impressione di un incanto magico lasciato nell’anima.
Diverso invece è stimolare i bimbi affinché improvvisino un teatrino facendo muovere i loro pupazzi, marionette o burattini. I bambini amano molto giocare al teatro perché possono rivivere, possono assimilare quanto hanno vissuto durante il giorno diventando, almeno per un poco, il maestro o la maestra, il papà o la mamma o ancora cuoco, giornalaio: in una parola si allenano a diventare adulti, proprio come quelli che li circondano. Il teatrino offre loro, in più, la possibilità di inventare personaggi docili, ubbidienti ai loro comandi.
In alcuni casi, proprio il teatrino dei pupazzi  può essere usato come diagnosi quando si presentano situazioni educative problematiche.
Del tutto differenti, invece, sono i rapporti diretti che si creano tramite i pupazzi da dita. Sono personaggi costruiti con lana o altro materiale adatto all’uso, ciascuno indossato da un dito. Esistono anche bamboline a guanto. Nascoste dal vestito tre dita fanno muovere testa e braccia della bambolina.
Ci sono poi bamboline dette pupette da tavolo. Quest’ultime si spostano, a figura intera, sullo spazio del teatrino e le mani che le muovono restano visibili.
In questi ultimi casi il rapporto tra operatore e bamboline è, come accennato, molto più diretto rispetto a quello con marionette e burattini.
I movimenti, specie delle pupette, risultano più umani, l’intero corpo può diventare espressione di atteggiamenti animici molto differenti e, infatti, sono usate in genere per racconti, fiabe rivolte a bimbi piccini giacché possono creare atmosfere molto particolari. Sono fatte anch’esse di lana rivestita e agghindate secondo il loro ruolo di principi o di streghe, di cavalieri o principesse. Naturalmente le accompagnano i più svariati animali: draghi e cavallini con carrozza reale, coniglietti o uccellini del bosco,  fate o stelline e così via.
Per ottenere dalle pupette i movimenti più giusti, più espressivi, occorre innanzitutto, specie per le fiabe, che l’operatore conosca e viva coscientemente le atmosfere, i momenti sereni o di tensione.
Solo così le pupette potranno inchinarsi, correre, saltare di gioia o dimostrare paura, supplicare qualcuno o arrabbiarsi e così via. La mano, con leggere pressioni, comanda la direzione, il gesto delle braccia, della testa, i saltelli di gioia o la corsa verso un rifugio. Occorre sempre anticipare con l’atteggiamento più giusto chi sta recitando oltre a mettere in sintonia i gesti, gli atteggiamenti delle pupette con la musica, con le luci colorate.
Tutto ciò presume un grande lavoro non solo per il materiale necessario ai più diversi ambienti. Talvolta infatti la fiaba, il racconto è ambientato in un castello, talaltra in un bosco o vicino ad un lago o dentro una grotta e così via. Per poter rimanere in sintonia con i movimenti delle pupette, come per qualsiasi altro genere di teatrino, occorrono, come è intuibile, ore ed ore di prove.
Si deve infatti esercitare con chi parla, chi suona, con chi dirige le luci colorate come pure con il collega od i colleghi che operano accanto e che muovono gli altri personaggi.
Il risultato di tale lavoro corale, oltre a procurare la massima gioia ed un estatico coinvolgimento da parte dei bambini permette una crescita, una unione spirituale tra le persone proprio come avviene nel teatro dove agiscono persone vere, attori veri.
E’ un piccolo mondo che, anche se in modo differente, rispecchia e riassume il più grande teatro della vita.